Serve maggior rigore nel comunicare i numeri da parte dei soggetti istituzionali

Venezia, 15 aprile 2020 - “Dare in pasto agli organi di informazione numeri sul personale sanitario che con il decreto legge 44 è obbligato alla vaccinazione senza però fare le distinzioni del caso non è utile, non è serio ed è poco rispettoso nei confronti di coloro che non possono fare il vaccino per ragioni oggettive non imputabili alla loro volontà” afferma Ivan Bernini segretario generale della Fp Cgil Veneto.

Non è utile – spiega Bernini - perché genera nell’opinione pubblica l’idea che vi sia una platea di lavoratori “no vax” all’interno delle strutture sanitarie molto più alta di quanto presente. Non è utile perché alimenta la cassa di risonanza data ad una minoranza facendo passare l’idea che quelle posizioni sono rappresentative di ampia parte del personale. Cosa non vera e che rischia, peraltro, di generare paure e sfiducia in quelle persone, le più vulnerabili, che necessitano dei servizi e delle prestazioni sanitarie. Inoltre genera sospetto nei confronti della gran parte dei professionisti e dei lavoratori indistintamente alimentando, e non se ne sente proprio il bisogno, ulteriori campagne d’odio nei confronti di chi è in prima linea per contrastare il virus”.

Non è serio – prosegue Bernini - perché “mettere tutto insieme” senza distinzioni significa equiparare quel lavoratore che rifiuta il vaccino per convinzioni personali - e stante i contenuti del decreto potrà essere adibito a diverse mansioni anche inferiori o sospeso - con quel lavoratore che semplicemente non può vaccinarsi per condizioni di salute o che, paradossalmente e perché neoassunto, non è stato ancora chiamato a vaccinarsi”.

È poco rispettoso nei confronti del personale tutto – sottolinea Bernini - sia coloro che si sono vaccinati senza “far rumore” considerando quantomeno che il vaccino rappresenti una ulteriore forma di protezione per sé stessi prima che per gli altri, visto che per attività non possono non esporsi al virus, sia verso coloro che vengono equiparati ai “no vax” ma non lo sono affatto.
Il fatto poi che si affermino numeri senza distinzioni ci porta a pensare che in realtà non esista un “database” nelle aziende che consenta di avere chiaro il fenomeno”.

“Se si chiede responsabilità in questa fase, e dentro ad un contesto nel quale in troppi “soffiano sul fuoco” alimentando “scandali” anche dove non ci sono pur di far parlare di sé, riteniamo che si debba essere rigorosi e responsabili anche in queste cose. Ed è utile, serio e responsabile, se si vogliono dare i numeri, indicare esclusivamente la percentuale di quanti, tra coloro che hanno l’obbligo vaccinale, hanno deciso consapevolmente che non vogliono farlo. E che crediamo siano consapevoli che per le stesse ragioni per le quali reclamano legittimamente il diritto di poter esercitare una propria scelta, le aziende reclamano il dovere di applicare le previsioni del decreto legge” - conclude.

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