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Scelta incomprensibile, lavoratori considerati usa e getta. Così si conferma di non voler superare la precarietà nel lavoro.

Venezia, 14 gennaio 2022 - “Francamente non riusciamo a comprendere le ragioni di soddisfazione espresse da taluni rispetto alla norma che conferma la possibilità per gli enti locali di fare ricorso a personale a tempo determinato fino al 2026 per l’attuazione del piano nazionale di ripresa e resilienza” afferma Ivan Bernini segretario generale della Funzione Pubblica CGIL del Veneto.

La Legge 233/2021 di conversione del DL 152/2021 ha previsto che i Comuni potranno assumere personale a tempo determinato per l’attuazione del PNRR, che la spesa di questo personale non incide sui vincoli alla spesa complessiva, che si può andare in deroga al limite massimo dei 36 mesi previsti per la durata massima del rapporto a termine e che, infine, per un 40% del personale assunto con questo rapporto a termine si possa prevedere una quota di riserva nei concorsi a tempo indeterminato (se hanno comunque lavorato per almeno 36 mesi).

Una scelta che conferma una visione miope rispetto al futuro – prosegue Bernini - calata esclusivamente sulla contingenza del momento per non perdere il treno dei miliardi che il PNRR lega ai progetti ed agli investimenti, ma che pare confermare quattro elementi: l’idea che dopo il 2026 tutto ritorni come prima, come se quegli investimenti non rappresentino il trampolino di un diverso modo di operare rispetto a quanto fatto finora e tutto finisse, la conferma che non c’è alcuna volontà di superare il precariato nel mondo del lavoro, quella visione della mercificazione anche degli esseri umani che si prendono quando serve e si buttano via quando non serve più, il lavoratore “usa e getta”, l’idea che non serva investire nella Pubblica Amministrazione rafforzandola con competenze stabili e organici sufficienti a mantenere i servizi oltre le emergenze e le straordinarietà”.

“Si spieghi, visto le alte competenze e le professionalità richieste nell’applicazione degli interventi previsti per l’attuazione del PNRR, per quali ragioni una persona dovrebbe accettare un incarico a termine sapendo che dopo il 2026 potrebbe trovarsi nuovamente senza un lavoro e senza una prospettiva dovendo ricominciare tutto da capo. E non parliamo solo di giovani” - attacca Bernini - “Peraltro è manifesta anche l’idea, nonostante la retorica di questi mesi, che alla fine dell’emergenza le Pubbliche Amministrazioni saranno ancora esiliate a quel ruolo residuale e minimo nel quale le politiche di questi decenni le hanno volutamente relegate. Altro che investimento, innovazione e consapevolezza del rafforzamento dell’azione pubblica nell’economia”.

“In queste giornate – continua Bernini - è esploso il dibattito sull’insoddisfazione da parte degli amministratori locali nelle modalità di trasferimento delle risorse del PNRR, in particolare nell’ambito delle rigenerazioni urbane. Auspichiamo che nella stessa maniera, diversamente da quanto finora appare, si apra medesima discussione sulla qualità del lavoro, sulla necessità di dare riconoscimento e dignità ai lavoratori, sull’urgenza di qualificare con personale certo e stabile gli interventi necessari ora ma da consolidare dopo il 2026”.

Tutto questo è vergognoso, altro che soddisfazione, e conferma che tra le tante emergenze presenti ce n’è una oltre al covid: quella cultura che ormai considera le persone alla stregua di merci e scarti, da usare quando serve, meravigliandosi perfino se poi rifiutano in queste condizioni di partecipare a bandi a termine, e da buttare via quando non servono più. Indegno per una parte della società che evidentemente non ha compreso che parte delle difficoltà emerse in questi 22 mesi di pandemia sono anche frutto di questa cultura” - conclude.