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Nel dibattito nessuna prospettiva di sviluppo, investimento e riordino.

La Fp Cgil del Veneto indica alcune priorità per il rilancio del settore.

Venezia, 27 luglio 2022 - Nel Veneto il Conto Annuale della Ragioneria Generale dello Stato 2020 certifica circa 28.000 dipendenti (non personale dirigente) nel sistema delle Autonomie Locali che comprende Regione, Enti strumentali, Province, Comuni, Camere di Commercio; non riscontrabile il dato sulle RSA pubbliche. Retribuzione media delle voci stipendiali fisse pari a € 24.000 annue lorde.

In attesa dei dati da Conto Annuale 2022 – che se va bene verranno pubblicati nel 2024 – stimiamo che il numero del personale anziché crescere sia ulteriormente diminuito; circa 25.000 sulla base dei dati riscontrabili dalle recenti elezioni di rinnovo delle RSU. La retribuzione media non vedrà scostamenti considerando che il contratto collettivo nazionale di lavoro è scaduto al 31/12/2018 ed ancora appare incerta la possibilità del rinnovo 2019/2021 considerate le distanze tra organizzazioni sindacali e comitato di settore che detta gli indirizzi all’Aran.

In queste settimane abbiamo provato a sensibilizzare gli amministratori locali, attraverso una nota congiunta con la Uil, per dire due cose molto semplici:

  1. fatevi portavoce per una chiusura dignitosa del contratto per quei lavoratori grazie al quale i vostri indirizzi politico/amministrativi sono resi possibili;

  2. Considerate che essendo tra i soggetti attuatori degli ambiziosi interventi indicati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza serve uno scarto importante rispetto agli ultimi vent’anni che consenta di operare interventi innovativi nel contratto dal punto di vista della valorizzazione delle professionalità che insistono nel sistema e, soprattutto, serve rivendicare, accanto a un deciso riordino di funzioni e competenze tra i diversi soggetti istituzionali – incluse le Province che sono Enti Costituzionali a tutti gli effetti nonostante qualcuno faccia ancora finta di non vedere che non sono passate le proposte di modifica del referendum del 2016-, serve un piano straordinario di assunzioni che sarà possibile solo eliminando, o quantomeno allentando di molto, gli attuali vincoli alla spesa.

Perché queste sollecitazioni agli amministratori locali?

Perché a un certo punto, dopo oltre 32 anni dal varo della Legge 142/1990 che definiva compiti e funzioni tra livelli istituzionali, cooperazione tra soggetti nell’ambito del territorio nell’ottica di potenziare le politiche locali di sviluppo e welfare, serve decidersi.

Tra blocco delle assunzioni, blocco delle retribuzioni e investimenti in assunzioni (ove possibile) quasi esclusivamente su profili giuridici e securitari si sono perse competenze tecniche e sociali.

La morale è che quelle competenze fondamentali nel sistema delle autonomie locali prima si sono perse per blocco reiterato nella possibilità di assumere, poi oggi che servono (anche per l’applicazione degli interventi del PNRR) non si trovano perché nella legge domanda/offerta i professionisti si rivolgono altrove dove vengono remunerati diversamente, o non si valorizzano pure quelle professionalità che “si hanno in casa” ma si sono tenute in naftalina facendogli fare dell’altro (quello che di volta in volta serviva) e non investendo per quello che sapevano fare.

Sul sociale, poi, quando va bene – nonostante gli indicatori degli ultimi 20 anni dicano che sono accresciuti disagio e con essi bisogni – troviamo anche un'unica assistente sociale a scavalco tra più Comuni: poi ci si meraviglia di taluni eventi drammatici e si conclude con la classica “sembrava una famiglia senza problemi” senza che nessuno si accorgesse di quanto si verificava dentro quelle mura o, quando si coglieva il problema, non c’erano tempo e strumenti per dare risposte appropriate.

Possiamo continuare a pensare che i Comuni del Veneto, dove circa il 32% ha meno di 3.000 abitanti, il 19% da 3.000 a 5.000, e il 25% fino a 10.000 possano continuare a forza di convenzioni tra loro e non con una politica seria di aggregazione strutturale?

Possiamo immaginare che il 51% dei comuni fino a 5.000 abitanti, con una media di dipendenti che va dagli 1 ai 17, possano esercitare quelle funzioni fondamentali che spettano loro?

Almeno tre le cose da fare subito secondo Ivan Bernini della FP CGIL del Veneto:

  • riordinare compiti e funzioni mantenendo in capo ai comuni funzioni fondamentali per il welfare locale e decidendo di attribuire ad un ambito ottimale diverso (la Provincia per esempio) funzioni di sviluppo, investimento e controllo del territorio oltre che il supporto per attività importanti di natura giuridica ed amministrativa non possibili a livello di singolo ente locale;

  • Operare un piano straordinario di assunzioni che investa su quelle priorità sociali, tecniche ed educative indispensabili agli interventi previsti anche dal PNRR;

  • Valorizzare e riconoscere dignità al contratto delle funzioni locali sia dal punto di vista normativo che economico riconoscendo valore ai dipendenti attuali, rendendo attrattivo il lavoro nelle funzioni locali ed evitando anche in questo settore “la fuga” verso altri settori.

Diversamente – conclude - Bernini, noi temiamo che assisteremo ad un ulteriore e graduale processo di affidamento di servizi, funzioni fondamentali e attività correlate a consulenti esterni o appaltando a soggetti che, tra le altre cose, spesso non hanno nessuna correlazione con la comunità locale essendo società italiane e/o straniere multinazionali.