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Per attivare le strutture previste dal Piano servono almeno 1.400 infermieri

Venezia, 31 gennaio 2022 - Tre le priorità del piano nazionale di ripresa e resilienza cui la Regione Veneto dovrà dare attuazione, già in corso d’anno, c'è sicuramente la cosiddetta missione salute.

I titoli sono “case della comunità, cure domiciliari e telemedicina, innovazione e digitalizzazione”.

Facendo due conti e considerando che ancora non c’è molta chiarezza su progetti e risorse in capo agli stessi, già nel 2022 dovrebbero essere attivate un centinaio di case della salute, una trentina di ospedali di comunità e dovrebbe essere potenziata la rete dell’assistenza domiciliare.

Sulla carta tutto bene – afferma Ivan Bernini, segretario generale FP Cgil Veneto – ma in quei contenitori va inserito il contenuto principale: il personale sanitario, tecnico ed amministrativo”.

"Nel mese di luglio - prosegue - avevamo posto il tema, sul quale vi sono state reazioni piccate, e avevamo avanzato una priorità: eliminare i numeri chiusi nell’accesso universitario delle professioni sanitarie, implementare accessi, formatori e luoghi della formazione, attraverso un investimento importante che guardasse al reale fabbisogno di personale per i prossimi anni. È evidente a tutti, infatti, che le falle del sistema si copriranno solo se si interviene fin da ora, e non è neppure scontato che ci si riesca.

La Regione Veneto, tramite Azienda Zero, ha indetto un concorso per 725 Infermieri e Operatori socio - sanitari. Un numero che dovrebbe coprire quanti hanno concluso o stanno concludendo il terzo anno di laurea in scienze infermieristiche nelle università venete. Se tutti accettassero l’incarico dopo il concorso, non basterebbero a coprire le cessazioni intervenute in questi due anni nelle sole Aziende Sanitarie".

"Andando a ritroso - precisa - e verificando il numero di coloro che tre anni orsono entrarono nelle università venete (1.200 iscritti), un numero importante o ha abbandonato o ancora non si è laureato (più del 30%). Per riempire le case di comunità e gli ospedali di comunità del Veneto si stima un fabbisogno di ulteriori 1.400 infermieri. Senza contare quelli che servirebbero nel potenziamento delle cure domiciliari e senza includere quanti ne servirebbero alle strutture residenziali".

"A chi ci ha risposto - conclude Bernini - in maniera stizzita chiediamo: se i numeri sono questi e se anche per l’anno 2021 i numeri di accesso alla laurea in scienze infermieristiche sono oggettivamente insufficienti rispetto ai fabbisogni, costruiti i muri delle strutture chi ci lavorerà dentro? Sorprende davvero che nell’impianto del PNRR non si sia tenuto conto di questo aspetto per nulla irrilevante. E sorprende che a livello istituzionale il tema pare non essere oggetto di discussione. Noi invece riteniamo l’accesso universitario per professioni mediche e sanitarie la priorità, se non altro per provare ad evitare che da qui ai prossimi anni ci si trovi esattamente nella situazione attuale. E riteniamo che la rete di strutture pubbliche presenti nel Veneto, la presenza di tanti infermieri che nel corso del tempo ha maturato i requisiti per poter formare nuovi studenti, e le risorse derivanti da PNRR e Regione, che tutto questo possa consentire di avere gli strumenti logistici, qualitativi ed economici per incrementare da subito gli accessi a queste professioni".

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