Mestre-Venezia, 16 luglio 2025 – Le strutture residenziali per anziani sono alla corda per assenza di personale di assistenza qualificato, e con loro famiglie e lavoratori.
Anche nella nostra Regione pare derubricata dall’ordine del giorno degli interventi politici e del dibattito una questione che evidentemente non fa più nemmeno notizia, come se ci fossimo abituati e convinti che non ci sia soluzione al declino.
«L’avevamo detto chiaro già prima delle elezioni regionali del 2020 - afferma Ivan Bernini segretario generale della FP CGIL del Veneto - che scenario demografico, carenza di personale, differenze retributive a parità di lavoro, mancato sviluppo anche di servizi territoriali a supporto degli anziani avrebbero generato un incremento di problemi a carico degli anziani e delle loro famiglie. Non ci limitammo alla mera enunciazione dei problemi ma provammo anche a fare proposte che al momento sono rimaste lettera morta» .
«L’unico intervento che Regione e gestori di RSA hanno partorito – prosegue Bernini - ha agito sulla revisione dei minuti di assistenza diretta ed indiretta il cui unico presupposto, come appare evidente è stato quello di introdurre in queste realtà personale non formato e qualificato e tamponare l’emergenza di Infermieri ed operatori sociosanitari in fuga verso le realtà ospedaliere senza peraltro esplicitarlo».
«Se con la definizione dell’operatore sociosanitario con funzione complementare l’obiettivo palese era sostituire personale infermieristico – spiega Bernini - la delibera con la revisione dei minutaggi ha avuto l’obiettivo di introdurre lavoratori teoricamente adibiti alle attività non assistenziali ma che nei fatti si sono tradotti in addetti a supporto degli OSS quando va bene se non alla loro sostituzione. Sostanzialmente la Regione sta accettando come normalità che non ci sono OSS, sta assumendo che risorse per le strutture sono carenti e non ce ne saranno di più nel futuro e sta decidendo nei fatti che una funzione pubblica diventerà nel futuro una funzione tutta caricata sulle famiglieC.
«Cosa avevamo proposto ancora 5 anni orsono? Non inventarsi nuovi profili professionali ma riqualificare complessivamente tutti gli operatori socio sanitari – precisa Bernini - Organizzare direttamente la formazione, gratuita e svolta dalle strutture Ulss e dalle IPAB sul modello delle vecchie scuole per Infermieri Professionali. Aprire un percorso in ambito Stato-Regioni per identificare un unico contratto di applicazione che omogeneizzasse i trattamenti economici e normativi con l’ambito della sanità pubblica. Esplorare la possibilità di riformare il sistema aggregando IPAB e Ulss facendole diventare un unico soggetto erogatore di servizi e prestazioni nella logica dell’integrazione sociosanitaria che poteva dare respiro anche allo sviluppo di quello che successivamente il PNRR ha previsto con il teorico potenziamento della salute nel territorio».
«Certamente - continua Bernini - quelle proposte potevano apparire suggestioni, utopie, ma resta il fatto che la Regione non le ha nemmeno prese in considerazione per aprire una discussione e verificarne la fattibilità».
Cosa rimane a distanza di 5 anni? Personale in fuga, utilizzo di “ausiliari” senza preventiva formazione, e, spesso chiusura all’ingresso di nuovi ospiti per impossibilità di rispettare gli standard assistenziali.
«Le famiglie ed i lavoratori - conclude Bernini - saranno certamente interessati di fronte a questi problemi ad un dibattito tutto autoreferenziale su chi sarà il prossimo Presidente della Giunta Regionale».


